domenica 22 gennaio 2012

In omaggio il famoso libro di Pellegrino Artusi " L'arte di mangiar bene"


Pellegrino Artusi, chi era costui?
Pellegrino Artusi, autore de “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, nacque a Forlimpopoli il 4 agosto 1820. Dopo gli studi al Seminario di Bertinoro, si occupò degli affari paterni. A segnare una svolta nella sua vita fu l’incursione del Passatore a Forlimpopoli il 25 dicembre 1851. La banda del celebre brigante penetrò nella casa del futuro gastronomo e fece man bassa di denaro e oggetti preziosi. Il furto, al di là del danno economico, segnò profondamente la famiglia Artusi: Gertrude, una delle sorelle di Pellegrino, per lo spavento impazzì  e fu internata in manicomio.
Nello stesso anno la famiglia Artusi si trasferì a Firenze, dove Pellegrino, poco più che trentenne, si dedicò, con successo, all’attività commerciale.  Continuò a vivere  in Toscana dove morì nel 1911 a 91 anni. Godette di una vita agiata e non perse mai di vista le sue passioni per la letteratura e la cucina.
Pubblicò nel 1891, a sue spese, “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” che ebbe un successo strepitoso: in vent’anni Artusi stesso ne curò 15 edizioni; nel 1931 le edizioni erano giunte a 32 e l’”Artusi” (ormai veniva chiamato con il nome del suo autore) era uno dei libri più letti dagli italiani, insieme a “I promessi sposi” e “Pinocchio”.
Il volume conta ancora oggi un grande numero di edizioni e una vastissima diffusione, raccoglie 790 ricette, dai brodi ai liquori, passando attraverso minestre, antipasti, secondi e dolci.
L’approccio è semplice e le ricette sono sempre accompagnate da riflessioni e aneddoti dell’autore, che scrive con uno stile fluido e arguto.
Questo libro costituì un vero e proprio spartiacque nella cultura gastronomica dell’epoca validissimo ancora a i nostri giorni.
Artusi: per antonomasia libro di cucina. Che gloria! Il libro che diventa nome! A quanti letterati tocco tale sorte? Era l’Artusi di Forlimpopoli…cuoco, bizzarro, caro signore,e molto benefico, come dimostrò nel suo testamento; e il suo trattato è scritto in buon italiano. E non era letterato né professore.
(Alfredo Panzini, 1905)

Massimo Petrucci   ideatore di Blog di Cucina 2.0,  la rivista on line con cui collaboro in qualità di autore, mette a disposizione di tutti, gratuitamente,  la versione elettronica di questa opera che è una pietra miliare dell’arte culinaria, utile a tutti gli appassionati di cucina

Per ricevere il file in formato pdf è necessario collegarsi a 'pellegrino artusi ebook'

martedì 17 gennaio 2012

Vol au vent con gamberetti

I vol-au-vent ( letteralmente in francese "volo al vento") sono piccoli canestrini formati da dei dischetti di pasta sfoglia sovrapposti, aperti in alto e vuoti all'interno, che si possono riempire sia con verdure, crema di formaggio o funghi, gamberetti, carne tritata o fegatini, sia con ripieno dolce.
I vol-au-vent sono sicuramente fra i più famosi prodotti della cucina francese, da servire caldi o freddi, come antipasto o aperitivo.
Il loro nome deriva dal fatto che sono leggeri tanto da poter essere portati via dal vento. La loro origine è generalmente attribuita alla chef francese Marie-Antoine Carême (1784-1833) che avrebbe sostituito una crosta pesante con l'impasto leggero. Tuttavia nel libro di cucina "Les Dons de Comus" di François Marin del 1739, antecedente alla nascita di Antoine Careme, è mensionato un dessert dolce chiamato "tortina al vento". Perciò è probabile che la ricetta originale dei vol-au-vent non sia di Antoine Carême.
La variante tipica della Lorena è quella del "boccone della regina" (in Francese "bouchée à la reine") in cui il ripieno può comprendere pollo, funghi, animelle di vitello e gnocchi in una salsa a base di burro e farina legato con uova e panna; nel condimento ci sono anche noce moscata, sale e pepe. Il "boccone della regina" è stato dedicato a Marie Leszczynska, moglie di Luigi XV.



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Ingredienti per 4 persone:
8 vol au vent
16 gamberi medi
1 tuorlo
80 g. di tonno sottolio sgocciolato
1 cucchiaio di capperi (circa una ventina)
1 cucchiaino di pasta d’acciughe
½  limone (succo)
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale fino  un pizzico

Procedimento


Sbattete il tuorlo con il sale ed aggiungete l'olio a filo, goccia a goccia , fino a veder montare la maionese (trucco per evitare che impazzisca, le uova devono essere fredde di frigo). Aggiungete,  sempre lentamente, parte  del succo del limone fino a renderla spumosa.

Passate al mixer il tonno con i capperi ed incorporate il composto ottenuto nella maionese, unite la pasta d’acciughe e amalgamate bene tutto.
Fate bollire i gamberi in acqua  leggermente salata per 5 minuti o, se preferite, cuoceteli a vapore.
Fateli raffreddare e sgusciateli.
Mettete sul fondo di ogni vol au vent un cucchiaino del composto di maionese e tonno, sovrapponete un gambero e ricoprite con la salsa fino a riempire, guarnite con gambero.
Servite fresco.

sabato 14 gennaio 2012

La cotture del cibo con il forno a microonde

Non vi sarà certamente sfuggito che, nel mio precedente articolo 
La cottura degli alimenti: metodi e peculiarità.  dedicato alla cottura dei cibi, non si faceva cenno alla cottura con il forno a microonde.
Ho volutamente tralasciato questo tipo di cottura perché penso che meriti un articolo a parte.
Tutti noi siamo convinti che si tratti di un metodo scoperto recentemente, in realtà era già noto nel dopoguerra. Lo scopritore fu Percy Spencer che lo brevettò nel 1946. L’anno successivo fu costruito il primo forno a microonde ad uso industriale, era alto 180 cm e pesava ben 340 chilogrammi. Gli anni settanta, in America, vedono la sua nascita come elettrodomestico di massa grazie alle ridotte dimensioni e al costo relativamente modico che lo resero alla portata di tutti.
Da noi arriva intorno agli anni ottanta ed è percepito come un elemento alieno e pericoloso, solo in questi ultimi anni ha raggiunto una notevole diffusione grazie anche alla necessità di poter cuocere e riscaldare celermente i cibi.
Vediamo che cosa consente alle microonde di cuocere e riscaldare i nostri alimenti.
Il principio che regola il suo funzionamento è basato sulle onde elettromagnetiche che sono prodotte nel forno da un tubo ad elettroni che si chiama “magnetron”.
Solitamente è posto sulla parte superiore del forno e genera un campo di forza che consente alle microonde di rimbalzare avanti e indietro all’interno dell’armatura di metallo del forno finché non sono assorbite dal cibo. Esse provocano la vibrazione delle molecole di acqua contenute nell’alimento, sviluppano energia che è trasformata in calore appena è assorbita dal cibo, consentendone così la cottura senza renderlo contaminato o radioattivo.
Il magnetron genera un campo di forza che cambia continuamente direzione ad una frequenza di 2450 MHz cioè 2.450.000.000 di volte il secondo. Le molecole dei cibi possono essere considerate dei “dipoli”.
In fisica, e precisamente in elettrostatica, il dipolo elettrico è un sistema composto di due cariche elettriche uguali e opposte di segno. Cioè, ad un’estremità possiedono una carica elettrica positiva, mentre l’altra è negativa. Il cambio continuo di polarità delle onde elettromagnetiche che avviene nel forno fa quindi vibrare le molecole che per attrito si riscaldano.
Il forno a microonde possiede pareti in metallo per contenere le microonde ed uno sportello in vetro schermato con una retina di metallo che consente alla luce di filtrare ma non alle microonde di passare all’esterno.
Le microonde penetrano nel cibo con una profondità che varia dai due ai quattro cm. in tutte le direzioni, ma, nonostante il calore sia prodotto all’interno del cibo, la cottura non avviene dall’interno verso l’esterno ma viceversa.
Per consentire una cottura ottimale molti forni sono dotati di un piatto girevole che permette una migliore esposizione. Tuttavia la cottura non è uniforme, ed è quindi consigliabile tagliare il cibo in piccoli pezzi, quest’accorgimento consente una cottura più veloce ed uniforme.
Intervenendo sulle molecole, le onde elettromagnetiche creano differenti tipi di cottura, a seconda che l’alimento contenga più o meno acqua.
L’acqua contenuta nei cibi è portata in superficie ed evaporando non consente la doratura , mentre i cibi ricchi di grasso rimangono dorati e quindi croccanti perché il grasso è portato in superficie.
Per questi motivi è meglio utilizzare i forni a microonde cosiddetti combinati perché dotati di grill.
Per quanto concerne il valore nutrizionale dei cibi, il loro maggiore mantenimento dipende soltanto dalla cottura più veloce e senza l’aggiunta di acqua.
Il potenziale pericolo si nasconde nella non perfetta cottura della carne, del pesce, delle uova e del pollame che, lasciando delle “zone fredde”, consente la sopravvivenza di batteri nocivi.
Un consiglio per ovviare a questo problema consiste nel distribuire il cibo in maniera uniforme in un contenitore coperto, aggiungere del liquido, se necessario, coprirlo con della pellicola allentata (quella creata per le microonde) per permettere al vapore di fuoriuscire. Il vapore caldo che si crea consente una cottura uniforme e la distruzione dei batteri. E’ comunque consigliabile mescolare e ruotate il cibo a metà cottura.
Quando si cuoce  parzialmente l’alimento nel forno a microonde per poi ultimare la cottura in un forno tradizionale o alla griglia, è bene traferire l'alimento  immediatamente  e non in un secondo tempo.
Usare come contenitori solo quelli di vetro, ceramica, plastica che sono contrassegnati dall’etichetta che ne indica l’uso nel forno a microonde e che quindi consentono alle microonde di passare attraverso. Fare attenzione perché le microonde non scaldano questi contenitori, ma, gli stessi, possono riscaldarsi a causa del calore dei cibi che contengono.
Non utilizzare contenitori per il cibo da asporto e altri contenitori usa e getta perché potrebbero sciogliersi contaminando il cibo con prodotti nocivi.
Non utilizzare mai padelle di metallo o fogli di alluminio.


Si ringrazia l’ing. Piero Vignola per la consulenza tecnica



Autore: Maria Antonietta Grassi



venerdì 13 gennaio 2012

Riso venere ai frutti di mare

Il riso “Venere” è un riso integrale dall’inconfondibile colore nero naturale. Originario della Cina, attualmente viene coltivato anche in Italia, nella Pianura Padana.
Noto come il riso proibito dell’imperatore, perché si dice, che per le sue proprietà nutrizionali ed afrodisiache, fosse consumato solo dall’imperatore.
Questo riso presenta un alto contenuto di sali minerali, magnesio, fosforo e selenio, che svolgono un’azione utile per il benessere del nostro organismo.


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Ingredienti per 4 persone:
320 gr di riso Venere (riso nero)
200 gr di cozze
200 gr di moscardini
200 gr di gamberi
2 pomodori tondi ramati
½ bicchiere di vino bianco secco
1 spicchio d’aglio
Qualche rametto di prezzemolo
1  cucchiaino di pasta d’acciughe
Olio extravergine d’oliva q.b.
Peperoncino q.b.

Procedimento
Togliete il carapace dai gamberi, eliminate anche il filo nero sul dorso aiutandovi con uno stecchino.
Lavate i moscardini ed eliminate il rostro al centro, togliete i semi ai pomodori e riduceteli a cubetti.
Lavate bene le cozze ed eliminate il bisso.
In una casseruola scaldate due cucchiai d’olio,  aggiungete le cozze e fatele aprire a fuoco vivace, lasciatele raffreddare poi sgusciatele lasciandone qualcuna con il guscio che servirà per guarnire.
Mettete a cuocere il riso in abbondante acqua salata per il tempo di cottura indicato sulla confezione.
Nel frattempo, in una capiente padella ,scaldate quattro cucchiai d' olio e fateci rosolare l'aglio.
Una volta rosolato eliminatelo e aggiungete i moscardini e lasciateli cuocere per dieci minuti a fuoco vivo.
Sfumate con  il vino, poi unite la pasta d’acciughe, il prezzemolo tritato, il peperoncino e  i cubetti di pomodoro.
Proseguite  la cottura ancora per dieci minuti poi unite i gamberi e fate cuocere ancora per due minuti. 
Spegnete il fuoco e aggiungete le cozze sgusciate. 
Scolate il riso, versatelo nella padella  e fatelo saltare per un minuto, guarnite con le cozze con il guscio e servite subito.

Fusillli pancetta e parmigiano


Questa ricetta è semplicissima, veloce, ma veramente gustosa!

Ingredienti per 4 persone:
320 gr. di fusilli (o altra pasta corta)
250 gr. di pancetta tagliata a fette
150 gr. di Parmigiano Reggiano a scagliette
4 cucchiai d’olio extravergine

Procedimento
Mettete a bollire l’acqua salata per la pasta e versatela quando bolle.
Nel frattempo tagliate a striscioline di circa 1 cm le fette di pancetta.
Versate l’olio in una padella e fate dorare per 1 minuto a fuoco medio le strisce di pancetta.
Scolate la pasta al dente  lasciandogli un po’ d’acqua e fatela saltare nella padella con la pancetta per 1 minuto. Distribuite le scagliette di Parmigiano e servite subito!
E….buon appetito!



domenica 8 gennaio 2012

Saltimbocca alla romana a modo mio

I saltimbocca alla romana sono uno dei cavalli di battaglia della cucina romanesca, ma le origini sono piuttosto incerte: di fatto li troviamo anche in Spagna, Grecia e Sud della Svizzera. La ricetta originale non prevede che vengano arrotolati come ho fatto io, ma gli ingredienti vengono sovrapposti terminando con la foglia di salvia e tenuti insieme da uno stecchino, ma  così trovo che siano più facili da consumare.


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Ingredienti per 4 persone:


400 gr. di fesa di vitello tagliata a fette non troppo spesse
200 gr. di pancetta
½ bicchiere di vino bianco secco
Foglie di salvia q.b.
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva

Procedimento

Appiattite le fettine di fesa e disponete su ognuna una o più fette di pancetta ( devono coprire tutta la superficie della fettina). Arrotolatele, ricopritele con una foglie di salvia e fissate con una stecchino di legno.
Versate l’olio in una casseruola, scaldate dolcemente e sistemate sul fondo i saltimbocca senza sovrapporli.
Fateli cuocere a fuoco vivo da entrambi le parti, muovendoli spesso per evitare che si attacchino sul fondo.
Bagnate con il bicchiere di vino e proseguite la cottura per 5/6 minuti a calore moderato.
Servite i saltimbocca distribuendo sopra il condimento.
Buon appetito!

sabato 7 gennaio 2012

Banane al cocco

Ingredienti per 4 persone:

4 banane non troppo mature
1 limone (succo)
3 cucchiai di cocco grattugiato
1 cucchiaio di zucchero di canna
½ cucchiaino di cannella macinata
25 gr. di burro

Sbucciate le banane e spruzzatele con il succo del limone per evitare che anneriscano.
Mettete il burro in una padella e fatelo fondere a fuoco bassissimo, unite le banane, cospargetele di zucchero e cannella e fatele cuocere per 3 minuti voltandole una sola volta.
Impiattate le banane in piattini individuali, bagnatele con il sugo di cottura, cospargetele di cocco e servitele subito.
Buon appetito!

mercoledì 4 gennaio 2012

La cottura degli alimenti: metodi e peculiarità


Cuocere un alimento vuol dire modificare la sua struttura chimico-fisica allo scopo di rendere l’alimento più digeribile, più sicuro da un punto di vista igienico e per migliorare le caratteristiche organolettiche modificandone il sapore, il colore e l’aspetto.
Le tecniche di cottura degli alimenti sono svariate e ognuna modifica la composizione dei nutrienti, alcune li esaltano, altre li distruggono.
Analizziamo di seguito i vari metodi e le loro peculiarità.

 La bollitura è un metodo di cottura detto “per convezione”, cioè il calore è trasportato all’interno del cibo tramite un fluido, in cui è immerso, alla temperatura di circa 100 ° o tra i 60°/90° se lo facciamo sobbollire.  

I vantaggi di questo tipo di cottura consistono nel poter cuocere gli alimenti senza l’aggiunta di grassi di condimento, i lipidi presenti nella carne si disperdono nel brodo e possono quindi essere eliminati facilmente, le carni diventano più tenere, digeribili e saporite. Con la bollitura, però, i cibi (specialmente le verdure) perdono buona parte dei loro valori nutrizionali per la diffusione nel liquido delle sostanze idrosolubili, che si possono tuttavia recuperare consumando il brodo, nel caso delle carni, o riutilizzando il liquido nel caso delle verdure. E’ comunque consigliabile far cuocere le verdure sempre in pochissima acqua e per un periodo molto breve. Le vitamine che subiscono danni da questo tipo di cottura sono la vitamina C, la B9, B6, B5, B1, la PP.
Per ridurre le perdite di queste vitamine è sufficiente immergere le carni nel liquido già caldo, questo consente la formazione, pressoché immediata, di una pellicola dovuta alla denaturazione veloce delle proteine che blocca la fuoriuscita di buona parte dei nutrienti.
Perciò se volete un buon bollito, immergete la carne nel liquido bollente, viceversa, se volete un buon brodo, immergete la carne nel liquido freddo.
Per quanto concerne i minerali, quello più sensibile alla cottura è il potassio mentre quelli che si avvantaggiano dalla bollitura sono il ferro e lo zinco che vengono resi più biodisponibili.

La cottura a vapore è simile alla bollitura, ma comporta pochissima dispersione di nutrienti, di gusto e nessuna alterazione dei colori. E’ una cottura a concentrazione perché l’acqua contenuta nell’alimento evapora e il gusto del cibo si concentra. Sono dette a concentrazione anche le cotture al forno, alla piastra, in frittura e rosolate in padella.
Un metodo molto delicato è quello della cottura a bagnomaria. Si utilizza immergendo un recipiente in un altro contenitore colmo d’acqua. Si può utilizzare sia sul gas sia nel forno. L’acqua non deve mai raggiungere l’ebollizione, ma rimanere tra i 90/95°.

Si utilizza per la preparazione delle creme, perché evita la formazione dei grumi che si formano, ad alte temperature, delle proteine contenute nelle uova, e per la preparazione di emulsioni e salse.Preserva buona parte dei nutrienti.


Si parla di cottura mista quando facciamo prima una cottura per “concentrazione”, e poi una per “espansione”. Cioè prima si fa rosolare l’alimento a temperatura elevata (160/180°) per ottenere la caramellizzazione di proteine e amidi (concentrazione) che consentono lo sviluppo di sapori gradevoli, e che creano una crosta croccante mentre l’interno è ancora crudo, poi si aggiunge il liquido, che può essere acqua, brodo, vino ecc. (espansione), che ha lo scopo di diffondere uniformemente il tutto e di cuocere e intenerire la carne. La temperatura scende intorno ai 100°, l’umidità ammorbidisce la crosta e rende gustoso il fondo di cottura. Questo tipo di cottura varia da 1 a 3 ore a pentola coperta ed è utilizzata per i brasati.




La stufatura è simile alla brasatura ed è utilizzata anche per gli ortaggi; la differenza consiste solo nella maggiore quantità di liquido utilizzata nella brasatura che allunga i tempi di cottura.
Per quanto concerne la perdita di nutrienti, anche con questo tipo di cottura è notevole, fino al 50% delle vitamine PP, B6 e B5, inoltre questo tipo di cottura lento agevola la degradazione e l’ossidazione dei grassi, dei componenti lipidici e delle vitamine liposolubili presenti (A, D, K, E).
La frittura consiste nella cottura di un alimento immerso interamente in un grasso portato a temperatura elevata (150/210°). Normalmente si utilizza per la cottura delle verdure, delle carni, dei pesci e dei dolci come le frittelle o le zeppole.
I vantaggi di questa cottura consistono in una minor perdita di nutrienti, ma provoca un notevole aumento calorico e una considerevole riduzione delle vitamine termolabili come la C, la E e tutto il gruppo delle vitamine B, non solo, ma, a causa delle temperature elevate raggiunte (il cosiddetto punto di fumo), si sviluppa acroleina, sostanza volatile irritante per lo stomaco e nociva per il fegato.



 La cottura al forno consiste in una trasmissione del
calore a secco per mezzo di aria calda e si utilizza per tutti gli alimenti.
Normalmente il cibo è inserito nel forno già caldo, questo consente, tramite l’evaporazione dell’acqua superficiale contenuta nell’alimento, la formazione di una crosta che determina la ritenzione delle vitamine e dei minerali idrosolubili.
E’ consigliabile non utilizzare temperature elevatissime ma, piuttosto, allungare i tempi di cottura.
La cottura a pressione, cioè quella effettuata con la pentola a pressione casalinga ha come peculiarità il fatto che le temperature raggiunte superano i 100°, in questo modo aumenta la differenza di temperatura che c’è tra il vapore e la superficie degli alimenti, questo determina una maggiore trasmissione del calore per convenzione.
L’utilizzo di poca acqua, quindi, fa sì che le perdite di nutrienti idrosolubili siano ridotte al minimo, e l’utilizzo di una temperatura più elevata riduca i tempi di cottura con minore alterazione dei composti termolabili.

Autore: Maria Antonietta Grassi